venerdì 1 agosto 2008

da "I fratelli Karamazov"

da libro V, capitolo IV

-Più di una volta lo starec Zòsima ha parlato di questo- osservò Alesa; -anch'egli diceva che il volto dell'uomo per molte persone ancora nuove all'amore, è spesso un impedimento ad amare. Però nel mondo c'è ancora molto amore, quasi simile all'amore di Cristo, io lo so, Ivàn...-
-Ebbene, io per adesso non lo so e non lo posso capire, e come me non lo capisce l'enorme maggioranza degli uomini. Il problema è questo: ciò proviene dalle cattive qualità degli uomini o semplicemente dal fatto che la natura umana è così? Secondo me, l'amore di Cristo verso gli uomini è, nel suo genere, un miracolo impossibile sulla terra. E' vero che Lui era Dio. E noi non siamo dèi. Ammettiamo, per esempio, che io sia capace di soffrire profondamente; un altro uomo non potrà mai sapere sino a che punto io soffra, perchè è un altro, diverso da me e, soprattutto, perchè è raro che una persona acconsenta a riconoscere la sofferenze di un'altra (come se si trattasse di una onorificenza). Perchè, secondo te, non le vuole riconoscere? Perchè, per esempio, io mando cattivo odore, perchè ho un visto stupido, perchè una volta gli ho pestato un piede. Inoltre c'è sofferenza e sofferenza: una sofferenza che mi avvilisca, per esempio la fame, il mio benefattore può ancora concedermela; ma una sofferenza un pochino più elevata, per un'idea, poniamo, quella non la ammetterà se non in casi rari, magari perchè, guardandomi, riterrà che non ho il viso che, secondo lui, dovrebbe avere un uomo che soffre per quella tale idea. Ed ecco che subito mi priva dei suoi benefici, e magari non lo farà neppure per malvagità di cuore. I poveri, specialmente quelli di buona famiglia, non dovrebbero mai mostrarsi alla luce del sole, ma chiedere l'elemosina attraverso i giornali. In astratto si può ancora amare il prossimo e talvolta anche da lontano, ma da vicino quasi mai. Se tutto avvenisse come a teatro, nei balletti, dove i poveri arrivano in scena vestiti di cenci di seta e di merletti strappati, be'... allora si potrebbero guardare con compiacenza. Guardarli con compiacenza, dico, amarli però proprio no!

(...)

Ma i bambini... che ne faremo allora dei bambini? Questo è un problema che non posso risolvere. Per la centesima volta ripeto: i problemi sono molti, ma io ho trattato soltanto quello dei bambini, perché qui è innegabilmente chiaro ciò che devo dire. Ascolta: se tutti devono soffrire per conquistare con la sofferenza l'eterna armonia, che c'entrano i bambini? Dimmelo, ti prego. Non si capisce assolutamente perché essi debbano soffrire e perché debbano conquistare quest'armonia con le loro sofferenze! Perché anche i bambini servono da materiale e da concime per preparare agli altri la futura armonia? Comprendo la solidarietà tra gli uomini nel peccato, comprendo la solidarietà anche nell'espiazione, ma questa solidarietà nel peccato non riguarda i bambini e, se la verità consiste veramente nel fatto che essi sono solidali con i padri in tutti i delitti da questi commessi, una tale verità non è di questo mondo, e io non la capisco. Qualche bello spirito dirà magari che tanto anche il bambino crescerà e avrà tempo di peccare, ma quel bambino di otto anni sbranato dai cani non era ancora cresciuto... Oh, Alesa, io non bestemmio, no! Comprendo come dovrà scuotersi l'intero universo quando tutte le voci in cielo e in terra si uniranno in un unico inno e tutto ciò che vive o è vissuto griderà: "Tu hai ragione, Signore!", allora si avrà veramente l'apoteosi di ogni conoscenza e tutto si spiegherà. Ma proprio qui sta il problema, ed è proprio questo che io non posso accettare. E, finchè sono sulla terra, mi affretto a prendere le mie misure. Vedi, Alesa, se io vivrò sino a quel momento o risorgerò per vederlo, forse anch'io, guardando la madre che abbraccia il carnefice di suo figlio, griderò con gli altri: "Hai ragione, Signore!", ma è proprio questo che non voglio fare. Perciò, mentre sono in tempo, corro ai ripari e rifiuto nel modo più assoluto la suprema armonia. Essa non vale una sola lacrima di quella bambina martoriata che si batteva il petto con i piccoli pugni e pregava il "buon Dio" nel puzzolente sgabuzzino... Non le vale, perchè quelle lacrime sono rimaste da riscattare e, se non sono riscattate, non ci può essere alcuna aromia. Ma in che modo, come le riscatti? E' possibile? Con il vendicarle più tardi? ma che mi importa la vendetta, che mi importa l'inferno per i carnefici e a che cosa può esso servire quando i bambini sono già stati martirizzati? E di che armonia si può parlare se esiste l'inferno? Io voglio perdonare, voglio abbracciare tutti, ma non voglio che si continui a soffrire. E se le sofferenze dei bambini sono servite a completare la somma di sofferenze occorrente per pagare la verità, affermo sin d'ora che nessuna verità vale questo prezzo. Insomma, non voglio che la madre abbraccie il carnefice che ha fatto sbranare dai cani il suo figliuolo! E si guardi bene, questa madre, dal perdonarlo! Se proprio vuole, gli perdoni dentro di sè la propria parte di terribile angoscia materna, ma le sofferenze del suo bambino straziato non ha il diritto di perdonarle.

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