ATTENZIONE: SPOILER! IL POST CONTIENE DELLE RIVELAZIONI SUL FINALE DEL LIBRO, PIU' CHE ALTRO VERSO LA FINE.
Questo ragazzo nella foto, a quanto pare, è Jack London. Strano: non me lo immaginavo così. Leggendo le poche righe di biografia che ci sono nell'introduzione mi sarei aspettata tutt'un altro tipo... più rude, triste, con qualcosa di sfuggente negli occhi. Invece qui sembra dolce, simpatico.
Non avevo letto niente di suo, prima di leggere Martin Eden. L'ho scoperto grazie ad anobii (http://www.anobii.com/anobi/person_home.php): trama affascinante, commenti entusiasti.
Questa è la trama del libro, su bol (http://www.bol.it/home/hp):
Il protagonista è un marinaio americano che, avendo salvato un 'giovin signore' coinvolto in una rissa, finisce casualmente per frequentare il mondo borghese, salotti colmi di libri e fanciulle eteree. Tra l'iniziale timidezza e una irresistibile attrazione per il nuovo ambiente, Martin Eden dovrà misurarsi con due impreviste passioni: la giovane Ruth Morse e la letteratura. Attraverso sogni delusi e speranze che sembrano sfumate, l'itinerario verso la conquista di una fama che si rivelerà effimera sarà costellato dal conflitto tra le sue origini modeste e una cultura che comunque gli è estranea. I propositi di riscatto sociale e l'inclinazione per i miti borghesi del successo e della ricchezza - che spesso hanno provocato giudizi contrastanti su molti personaggi di London - si dilegueranno di fronte alla consapevolezza di una inevitabile alienazione.
La prima cosa che mi è piaciuta è stata la scrittura di London: una delle più piacevoli che io abbia mai letto! Ho subito iniziato a copiare periodi nel diario, mi piace troppo come scrive. Vi farò qualche esempio.
La sua sensibilita era acuta, la sua timidezza era estrema e l'occhiata divertita che l'altro gli lanciò di soppiatto di sopra al margine della lettera gli bruciò dentro come una pugnalata. Vide l'occhiata, ma non dette segno di essersene accorto, perchè, fra le cose che aveva imparato, c'era anche la disciplina. E poi, quella pugnalata aveva ferito il suo orgoglio. Maledì se stesso per essere venuto e, al tempo stesso, decise che, dal momento che era venuto, sarebbe andato sino in fondo, qualsiasi cosa capitasse. I tratti del viso gli si indurirono e nei suoi occhi spuntò una luce bellicosa.
Trovo che questo pezzo sia fantastico! Mi piace l'insieme, mi piacciono i dettagli: l'occhiata, la pugnalata, "
fra le cose che aveva imparato, c'era anche la disciplina", la luce bellicosa, la reazione di Martin. E' un carattere che mi ha affascinata sin dall'inizio.
"Scusi, signorina, se m'impiccio a questo modo. Mi figuro che la verità è che io non so mica niente di queste cose. Non è il mio genere. Ma lo farò diventare il mio genere"
Queste parole ebbero un accento di minaccia. La voce era decisa, gli occhi lampeggiavano; i tratti del viso si erano fatti duri.
Dai, come si fa a non amare un personaggio così, che dice "
lo farò diventare il mio genere"? Qui, come vedete, è ancora ignorante e sgrammaticato.
Aveva avuto fame d'amore per tutta la vita. La sua natura anelava all'amore. Era una necessità organica dell'esser suo. Ciò nonostante ne aveva sempre fatto a meno e si era indurito di conseguenza. Non aveva mai saputo di aver bisogno d'amore. Nè lo sapeva allora. Semplicemente, lo vedeva in atto, ne fremeva di piacere e lo giudicava bello, alto e stupendo.
L'unico dubbio è l'uso della parola "stupendo", non è una ripetizione? è molto simile al significato di "bello". O forse si tratta di climax?
Fino a un certo momento avevo pensato che l’unica cosa che mi tenesse irresistibilmente legata al libro fosse la scrittura di London… Ma dietro c’era molto di più! Martin è davvero un modello, un esempio per me; leggere questo libro fa davvero venire voglia di essere una persona migliore. E, ancora meglio, la cosa risulta possibile. Mi lamentavo dei compiti? Mi lamentavo del poco tempo a disposizione, sprecando intanto innumerevoli minuti e ore?
Detto così, sembra che questo libro inciti allo stacanovismo. No, no! Martin cambia radicalmente per amore della bellezza e della ricca e colta Ruth. Ed è il suo cambiamento a essere stupefacente. Dice la quarta di copertina:
“L'epopea della volontà, della forza che abbatte gli ostacoli, della visione infuocata, della meta da raggiungere. London coniuga la vitalità e la scrittura in un composto unico e indivisibile. Questo è il racconto insuperato di un uomo che vuole scrivere. Ma, raggiunto lo scopo, altri assoluti orizzonti emergono. Il finale di Martin Eden è tra i più importanti di tutta la nostra storia letteraria."Lo trovo un commento brillante. Se già la forza di volontà è qualcosa che devo assolutamente imparare ad avere, figuriamoci se non vengo affascinata da un personaggio che ha tale forza nello studio, nello scrivere, nel migliorare se stesso, nell'amore.
Mi accingo ora a fare una citazione molto lunga, perchè secondo me è un punto chiave del libro. La prima parte, quella a proposito del signor Butler, mostra quel che dicevo poc'anzi: la volontà di lavorare in Martin non è stacanovismo. Le sue parole espresse in maniera così grossolana (ma neanche tanto) sono giustissime, e mi ricordano molto il messaggio di "
L'eterna illusione" di Frank Capra (un giorno ve ne parlerò), film peraltro superbo.
L'atteggiamento di Ruth dà un po' sui nervi ma, ahimè, è umano.
Vorrei tanto avere una mente come quella di Martin, anche se temo di assomigliare più a Ruth.
Segue la famosa citazione:
"Sa" aggiunse "mi fa pena il signor Butler. Era troppo giovane per aver giudizio, ma ha rinunciato alla vita per amore di trentamila dollari l'anno, che per lui sono proprio sprecati. Perdinci, trentamila dollari in cifra tonda, oggi non gli possono comprare quello che gli potevano comprare dieci di quei centesimi che metteva via quando era piccolo, in caramelle, o in noccioline, o in un posto in un loggione."
Era proprio quest'originalità di vedute che sbalordiva Ruth. Non solo per lei erano nuove e contrarie alle sue credenze, ma anche e sempre vi sentiva i germi di una verità che minacciava di sovvertire o di modificare le sue stesse convinzioni. Se avesse avuto 14 anni invece di 24, avrebbe potuto cambiare, ma aveva 24 anni, era conservatrice per natura e per educazione, e già era cristallizzata in quella celletta della vita nella quale era nata e si era formata. E' vero che quei bizzari giudizi la turbavano al momento in cui venivano enunciati, ma ella li attribuiva al suo carattere insolito e al suo strano modo di vivere, e non tardava a dimenticarli. Nondimeno, mentre li disapprovava, la forza dell'enunciazione e il lampeggiare degli occhi e l'animazione del viso che li accompagnavano le davano sempre un'emozione e l'attiravano a lui. Non avrebbe ma indovinato che quell'uomo, venuto da oltre il suo orizzonte, si lanciasse, in quei momenti, oltre il suo orizzonte con i suoi concetti più vasti e più profondi. Le limitazioni di lei erano segnate dai confini del suo orizzonte, ma le menti limitate non riconoscono che le limitazioni altrui.
Anche se avrei ancora molto da citare mi conviene tagliare, se no chi avrà più il coraggio di leggere questo blog? Faccio solo delle considerazioni finali, e un commento sulla prefazione. Poichè ci sono alcune cose che non ho capito, altre che vorrei approfondire.
Questi i miei dubbi principali:
- a proposito dei discorsi filosofici, che, sia detto per inciso, pur non comprendendo molto non ho trovato pesanti poichè scorrevano e non erano troppi; ora vorrei proprio sapere chi fosse Spencer e vorrei sapere di più anche riguardo Marx e Nietzsche, perlomeno in relazione al romanzo.
L'introduzione di una certa Fernanda Pivano (io non la conoscevo, ma mia mamma mi ha detto che è molto famosa) mi lascia perplessa per diversi motivi:
- nel riassunto di due pagine buone che fa del romanzo (continuo a pensare che sia una sciocchezza rivelare così tante cose nell'introduzione... per quello esiste la postfazione, no? Visto che sono una delle poche ragazze in Italia che legge le introduzioni, perchè non accontentarmi? Credo che Martin Eden sarebbe stato d'accordo con me) ella afferma che Martin era un socialista. Ora, io ripeto di averci capito poco di queste questioni politico-filosofiche; ma non era esattamente il contrario? Di una cosa sono certa: egli durante il comizio è contro il socialismo, e leggendo quest'introduzione tale sfumatura non è rilevata. Sarò pignola, ma secondo era il caso di rilevarla, poichè dall'equivoco che nasce nascono non pochi casini per il nostro Martin. Qualcuno che mi illumini?
- La signora Fernanda afferma: "Martin Eden si uccide perchè gli viene meno la fede nel socialismo". Alcuni mi prendono in giro perchè vedo comunisti dappertutto, ma Fernanda un po' lo sembra sul serio! Io devo ancora riflettere sui molteplici motivi che portano al suicidio Martin, ma sono certa che il suicidio di lui non figura tra questi. E, se anche io sbagliassi e vi figurasse, non è certo il motivo principale da citare. Non pensiate che lei ne enumeri altri: questo è l'unico che dà.
Magari si scopre che sto sbagliando io, e sto facendo la figura dell'ignorante presuntuosa. Pazienza, tanto qui siamo tra amici.
- chiara svista: (parlando di London) "all'inizio del 1916 si dimise dal partito in disapprovazione della posizione socialista nella Seconda Guerra Mondiale."
Questa fa ridere... Però toglie ai miei occhi quel poco di serietà che era rimasta a quest'introduzione. Svista sua, svista della stampa, poco importa; ma non si poteva curare meglio l'introduzione di un capolavoro? Se avessi scritto una cosa così in un tema, la mia prof d'italiano avrebbe scritto un ARG enorme.
Per finire, dieci ragioni per leggere Martin Eden. Le scrivo di getto, senza troppe analisi:
1)
lo stile è coinvolgente. E' raro che uno riesca ad assaporare le frasi in ogni momento, che ogni tanto non venga voglia di leggere veloce, che ogni tanto non si debba rileggere un periodo perchè non s'è capito nulla. Qui, quando rileggi, è perchè è troppo bello e lo vuoi risentire.
2)
efficacia delle parole. Non è semplice da spiegare. Leggendo il punto 1, vi potreste aspettare uno stile alla Grisham: incalzante, semplice. Da thriller. E invece (merito va anche alla traduttrice, certo) qui le parole sono scelte con cura, le frasi sono così belle che a volte feriscono (mi spiace se l'ho detto in modo stucchevole ma non ne ho trovato un altro)
3)
sei dentro alla vicenda. Non provavo una cosa del genere dai tempi di 1984 di Orwell. E' proprio come se fossi il protagonista: quando è entusiasta lo sei anche tu, quando è depresso diventi apatico anche tu
4)
personaggi veri. E' con i dettagli che London li rende così vivi e ci fa sentire quello che sentono loro. Ruth che vorrebbe appoggiare le sue mani sul collo di Martin, lui che dopo averla vista pare ubriaco, il singhiozzo che Lizzie maschera con un colpo di tosse... tantissime cose.
5)
i pensieri di Martin. La sua sconcertante profondità, sia quando è rozzo, sia dopo
6)
forza di volontà, come valore importante e accessibile, a condizione che siate motivati da qualcosa di grande
7)
la storia d'amore, anche se poi risulta che proprio amore non lo era. E' comunque appassionante e la bellezza del sentimento viene descritta con efficacia
8) e, più in generale,
la storia. L'ho trovata appassionante
9)
il finale: tragico. Una delle cose più belle che siano state scritte. Disarmante. Non è possibile assistervi con passività
10)
per chi vuole scrivere direi proprio che è il libro ideale
Bellissimo. Dei tre fratelli -la cui personalità è dipinta magistralmente da Dostoevskij, e non solo la loro: ogni personaggio è affascinante e tratteggiato nel miglior modo immaginabile dall'autore- il mio preferito è forse Mitja. Egli viene particolarmente rivelato in questo pezzo:
Diciamo che Mitja è forse il più umano, quello che sentiamo più vicino. Violento, preda delle passioni, ma comunque amante della vita, sincero.
Il secondo fratello è Ivan. Altro personaggio molto affascinante, il quale afferma che "se Dio non esiste, tutto è permesso” (e Dostoevskij ci farà presto vedere quali siano le conseguenze di questa teoria) e fatica molto a credere in Dio (dice "Non è che io non accetti Iddio, Alesa, è soltanto che in tutta umiltà Gli restituisco il biglietto",
"Non è Dio che non accetto, comprendi, ma il mondo da lui creato, è il mondo di Dio che non accetto e non posso risolvermi ad accettare"). Nonostante questo, la sua vita è una ricerca incessante di Dio, durante la quale non riesce a trovare pace.
Infine Alesa, il minore. E' senz'altro posto come modello dall'autore, il più puro, il migliore. E leggendo il libro viene voglia di assomigliargli, di vivere almeno un po' come lui. Dice Dostoevskij:
Ci sarebbe ancora moltissimo da dire perchè i Fratelli Karamazov è una di quelle opere immense che trattano praticamente di tutto, e che lo fanno in modo così affascinante che viene voglia di analizzarne ogni aspetto. Merita senz'altro il massimo dei voti, non vedo l'ora di leggere le altre opere di Fedor!